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Intolleranza al lattosio: quando è reale

Intolleranza al lattosio: quando è reale?

Negli ultimi anni siamo stati letteralmente sommersi da sempre più persone che lamentano intolleranze ed allergie alimentari, creando tanta confusione su quali siano effettivamente le condizioni ascrivibili a tali condizioni cliniche.

Spesso infatti si associa “l’essere intollerante o allergico” ad un determinato alimento, ad aumento del peso corporeo, ad una cattiva digestione, ad una sintomatologia che ricorda alcuni degli effetti di queste condizioni (specialmente nel caso delle intolleranze), ma che spesso sono correlate a cause di altra natura.

Inoltre spesso queste condizioni si sono trasformate in vere e proprie mode del momento, così che le diete senza glutine, senza lattosio, senza frumento, senza lievito, senza nulla, sono diventate più una tendenza da seguire piuttosto che una reale necessità.

 

Intolleranza al lattosio: che cos’è

L’intolleranza al lattosio, o nota anche come deficit di lattasi, è una condizione in cui l’organismo non riesce a digerire completamente il lattosio, lo zucchero presente naturalmente nel latte e nei suoi derivati.

La lattasi è infatti l’enzima deputato all’idrolisi, ovvero alla scissione, del lattosio nei due monosaccaridi che lo costituiscono: il galattosio ed il glucosio.

Questa viene prodotta dalle cellule dell’intestino tenue, consentendo quindi l’idrolisi del lattosio, ed il conseguente assorbimento a livello intestinale delle sue due componenti.

L’intolleranza al lattosio può essere:

  • Di natura genetica
  • Primaria
  • Acquisita o secondaria

Mentre nel caso di una condizione genetica l’organismo, fin dal momento dello svezzamento, non è in grado di sintetizzare l’enzima lattasi in quantità sufficienti, nel caso della condizione primaria, e della condizione acquisita o secondaria la condizione è differente.

In questi casi infatti possiamo avere o una riduzione naturale dei livelli di lattasi prodotta (condizione primaria), o un’alterazione intestinale in seguito a specifiche condizioni patologiche, stati infiammatori o cure farmacologiche seguite, che possono alterare momentaneamente l’attività della lattasi (condizione acquisita o secondaria).

Nel caso della condizione acquisita o secondaria gli alimenti contenenti lattosio possono essere reintrodotti nella dieta giornaliera in maniera graduale dopo un momentaneo periodo di sospensione (mediamente dai 3 ai 6 mesi).

L’intolleranza al lattosio è quindi una condizione che può manifestarsi anche in età adulta, la cui natura va identificata da parte dello specialista.

Intolleranza al lattosio: i sintomi

Prima di tutto va chiarito che, in caso di intolleranza al lattosio, i sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione di alimenti contenenti lattosio.

Questi generalmente includono disturbi diffusi, principalmente a carico dell’apparato gastro intestinale, tra cui meteorismo, nausea, gonfiore, mal di testa e dolori addominali crampiformi.

Tuttavia la sintomatologia accusata può variare da persona a persona, in quanto strettamente correlata alla tipologia di intolleranza mostrata (come discusso precedentemente), alla quantità di lattosio assunto, nonché dal tipo di alimento consumato.

 

Intolleranza al lattosio: metodi diagnostici

Come faccio a sapere se sono intollerante al lattosio?

L’esame diagnostico più diffuso e validato scientificamente per accertare una possibile intolleranza al lattosio è il breath test (o test del respiro).

Il breath test è un metodo non invasivo che permette di andare ad identificare un’eventuale intolleranza o malassorbimento ad uno zucchero specifico.

Al soggetto, infatti, viene somministrata per via orale una dose prestabilita dello zucchero indagato (lattosio, fruttosio, sorbitolo, glucosio) ed analizzata l’aria espirata prima e dopo la somministrazione.

Laddove sia presente un’incapacità di digestione dello zucchero in discussione, la sua conseguente fermentazione intestinale a carico della flora enterica, determinerà una iperproduzione di gas (idrogeno, metano, anidride carbonica).

Questa iperproduzione verrà rilevata dallo strumento diagnostico, ed in base all’ampiezza dei picchi di produzione registrati, l’intolleranza potrà essere classificata in lieve, grave e moderata.

In un soggetto che non presenta alcun problema nella digestione del lattosio, ad esempio, il breath test non registrerà nessun picco.

 

Intolleranza al lattosio: la dieta giornaliera

Laddove venga diagnosticata un’intolleranza al lattosio, dovrà essere il medico nutrizionista a fornire le eventuali variazioni che dovranno essere apportate alla dieta giornaliera del soggetto.

Tuttavia è importante fare una premessa: un soggetto intollerante al lattosio può assumere una dose minima giornaliera di questa sostanza.

A dirci quali sono le dosi minime generalmente tollerate è l’EFSA (Istituzione europea per la sicurezza alimentare), che ha individuato in 12 g al giorno, pari a 240 ml di latte, la quantità di lattosio che ogni intollerante può assumere senza sintomi avversi in un giorno.

In alcuni casi infatti quantità controllate di lattosio possono essere ben tollerate dal soggetto, mantenendo quindi la sua dieta varia ed equilibrata.

Anche nei casi più importanti, oggi è possibile non escludere i latticini ed i suoi derivati dall’alimentazione giornaliera, grazie alla presenza sul mercato di prodotti delattosati, ovvero privi di lattosio.

Dal latte ai suoi derivati, oggi è possibile acquistare facilmente prodotti che mantengono gusto e profilo nutrizionale pressoché identico ai prodotti tradizionali.

La raccomandazione quindi è solo una: evitate il fai da te, la terapia seguita da amici e parenti, o l’ultima informazione trovata sul web.

Senza le corrette indicazioni il rischio è quello di incorrere unicamente in importanti carenze nutrizionali (come ad esempio le carenze di calcio e vitamina D).

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